Leggi l’articolo precedente ➡ Mafia nigeriana/1 – Reggio Emilia, domenica 6 settembre 2015: l’inferno in città (dal libro “La mano nera sulla città”)

Dopo circa un mese dalla maxi rissa scoppiata in zona Stazione a Reggio Emilia il 6 settembre del 2015, il Questore accenna ad un movente forse diverso da quello dichiarato inizialmente e al quale, mi si permetta, solo qualche sprovveduto poteva credere. Tale Elisabeth sarebbe stata la ragazza causa di tanta bestialità? Ma vogliamo scherzare! Neanche fosse stata Naomi Campbell in persona: una situazione così grave non poteva certo essersi generata da una banale questione di gelosia.

All’indomani della rissa scrissi (vedi giornali dell’8 settembre), senza alcuna supponenza, che probabilmente le reali motivazioni di tanta pericolosa ferocia si devono ricercare non nella stupida gelosia per una donna, ma in ben altre gravissime direzioni.

Dobbiamo ancora chiederci, rivolgo un invito alle autorità tutte, comprese quelle politiche, se la nostra Reggio Emilia sia immune dalla mafia nigeriana, dedita al traffico degli ovuli di droga (spesso nascosti nei genitali delle ragazze) e allo scandaloso mercato della prostituzione minorile.

Desidero ripeterlo, oggi come allora, chiedendo l’aiuto dei giornalisti di Reggio: abbiamo tutti sottovalutato la presenza della criminalità organizzata nella nostra terra e l’operazione Aemilia, ad esempio, ci ha costretto ad aprire gli occhi, ora però stiamo attenti! Le mafie sono diverse, hanno diversi colori, diversi settori di competenza e modus operandi, ma un unico obiettivo, quello di sottrarre risorse alle persone per bene e occuparsi degli sporchi traffici senza dare tanto nell’occhio.

Il silenzio favorisce le mafie: ecco perché ritengo che la rissa di Reggio sia stata un “incidente” di percorso per quei nigeriani con la coscienza sporca. Le autorità, che hanno strumenti e informazioni utili, controllino attentamente le attività commerciali, cosa eventualmente si può nascondere dietro di esse, se qualche allegra signora si fa chiamare “maman” e sorride troppo facilmente a ragazzine sulla via del sesso.

Ad oggi non sappiamo se fra i fermati nella rissa di Reggio Emilia ci siano soggetti coinvolti a vario titolo nel giro della criminalità organizzata, questo dovrà appurarlo la magistratura. È sicuro però che non possiamo sottovalutare quanto accaduto e dovremmo capire meglio come si muove in Italia una mafia subdola, importata dall’Africa, che opera senza pietà di donne e bambine.

L’ottima e coraggiosa giornalista Amalia De Simone ad esempuo ne parlò in “Cose Nostre” su Rai 1 il 23 gennaio 2016.  E  i nostri servizi segreti monitoravano il fenomeno già oltre quindici anni fa. Vediamo cosa scrivevano:

La natura camaleontica delle reti

Possiamo leggere alcune illuminanti note dei Servizi Segreti Italiani. Pur datate, anticipavano lucidamente, nella rivista Gnosis, fenomeni criminali di un’ attualità impressionante.

La necessità di aggregare utilmente distinte realtà locali in un unico mosaico ha favorito il sistematico e qualificato ricorso a forme organizzative orizzontali, fluide e trasversali. Esse compongono oggi il modello socio – politico, economico e di potere della Nigeria attraverso cui le lobby acquisiscono, gestiscono e controllano la collettività nazionale e le diffuse diaspore.

Si tratta di una “grande rete clientelare territoriale” , che si dipana intorno a figure “carismatiche” capaci di potenziare i legami di tenuta interna, coalizzare risorse umane, materiali ed intellettuali ed orientarle verso progettualità politiche ed economiche.

La rigida organizzazione, i rituali aggiornati opportunisticamente, il fideismo nazionale, la garanzia di protezione che attrae ed assume ancor più valore in un contesto destabilizzato da tensioni etniche, povertà e anomia costituiscono fattori importanti che legittimano le élite e le qualificano in modo competitivo nei mercati globali.

Tale situazione offre una più efficace chiave di lettura dell’associazionismo che permea ogni comunità nigeriana, anche all’estero. Esso si sviluppa attraverso forme associative che hanno più marcate connotazioni “mafiose” oppure per mezzo di filiere internazionali in cui interagiscono centri di interesse (professionale, etnico, universitario, religioso, settario, sportivo, umanitario), aperti anche a istanze criminali.

Quest’ultimo fattore è essenziale ai fini del nostro studio in quanto dietro i gruppi o i soggetti promotori od esecutori di attività delittuose esiste un reticolo stratificato, in cui le faglie criminali sono supportate in modo causale e strumentale da network parimenti criminogeni, anche se attinenti a lobby, matrici etnico – religiose e centri di potere trasversali.

Proprio la presenza di rappresentanze ed associazioni, soprattutto nel caso esse siano numerose, poliedriche e diffuse, costituisce l’evidenza che le colonie di stranieri hanno conseguito un apprezzabile radicamento “strutturale” ed un’integrazione progettuale tali da offrire ulteriori opportunità di evoluzione.

Lungi dal criminalizzare l’associazionismo, che ha risvolti molto positivi di mediazione ed integrazione con la comunità ospite, tuttavia in alcuni casi, come quello nigeriano, esso ripete le ambiguità e le vulnerabilità dell’area di origine. Inoltre è il prioritario obiettivo dei gruppi criminali che, permeando i più elevati livelli, possono contare su un ottimo interfaccia legale dei propri affari e su di un capillare ed “ufficializzato” strumento di controllo e condizionamento dei connazionali.

Volendo ampliare il discorso e sottolineare il condizionamento etnico culturale, ricordiamo di una coppia di nigeriani che, nel 2014, tornati a Reggio Emilia dopo il periodo di ferie nel Paese d’origine, sono stati denunciati dalle autorità in quanto avevano sottoposto la propria bambina all’orribile pratica dell’infibulazione, provocandole una grave infezione ai genitali.

Continua…